La Corte dei Conti ribadisce: lo “scudo contabile” non è funzionale, nè costituzionalmente legittimo (“non vi è potere senza responsabilità”)

Corte dei Conti, Contributo scritto su Atto Governo n. 19 (Codice dei Contratti Pubblici)

Si tratta della disposizione di natura transitoria costituita dall’art. 21 del decreto-legge 16 luglio 2020 n.76, convertito con modificazione nella legge 11 settembre 2020 n.120, che, sul fondamento dell’eccezionalità dell’emergenza sanitaria, ha circoscritto la responsabilità erariale ai soli casi di dolo, con esclusione della colpa grave, sia pure per i soli danni erariali cagionati da condotte attive.

In primo luogo appare utile evidenziare il contrasto tra la attenuazione del regime della responsabilità contabile introdotta dalla disciplina emergenziale appena richiamata e il quadro normativo euro-unitario istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza (c.d.“recovery plan”) (Reg. 2021/241). 

In quest’ultimo ambito, infatti, particolare attenzione è data al profilo del recupero di fondi indebitamenti versati, non solo attraverso azioni recuperatorie, ma anche risarcitorie. Pertanto, una “bolla di impunità” per i casi di mala gestio gravemente colposa delle risorse pubbliche risulta del tutto incoerente rispetto alla necessità di mantenere e garantire gestioni virtuose in un panorama in cui nostro Stato è esposto, sul piano europeo, anche ad eventuali procedure di infrazione

Il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (c.d.“recovery plan”), dedica particolare attenzione al controllo sulla corretta gestione dei fondi. Il complesso normativo che disciplina il dispositivo trova, ai sensi dell’art. 8 di questo Regolamento (UE) 2021/241, le sue regole generali nel Regolamento finanziario e nel Regolamento (UE/Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2020. Particolare attenzione a livello euro-unitario è data al profilo del recupero di fondi indebitamenti versati. Il rinvio all’art. 22 dello statuto dei funzionari dell’Unione Europea che espressamente richiama la colpa grave per il risarcimento del danno è di particolare rilievo in quanto oltre all’azione recuperatoria pare prevedere anche la risarcibilità dei danni arrecati con colpa grave. 

Queste ultime azioni, quella recuperatoria e quella risarcitoria, chiamano in causa innegabilmente la giustizia contabile che deve poter contare, con riferimento specifico alle misure da attuare con il recovery fund, su tutti gli strumenti giuridici necessari per adempiere agli obblighi posti dal regolamento a carico dello Stato italiano. 

Inoltre, si rammenta che, ai sensi dell’art. 325 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), i Paesi membri sono tenuti a proteggere gli interessi 21 finanziari dell’Unione con i medesimi strumenti con i quali proteggono i propri interessi finanziari; ne consegue che l’abbassamento del livello di protezione dei nostri interessi finanziari, restringendo il perimetro della responsabilità amministrativa contabile, determina anche, di riflesso, l’abbassamento del livello di protezione degli interessi finanziari dell’Unione e questo sembra porsi in contrasto con le previsioni del Regolamento (UE) 2021/241. 

Ma la limitazione della responsabilità erariale alle fattispecie dolose risulta anche connotata da evidenti profili di illegittimità costituzionale. Al riguardo occorre richiamare l’orientamento della Corte costituzionale formatosi a partire dalla introduzione della responsabilità per sola colpa grave (cfr. C. Cost. n. 37/1998, confermata, fra le altre, da C. Cost. n. 340/2001). La suprema Corte ha sostenuto, infatti, che quella limitazione corrisponde ad un corretto equilibrio fra quanto del rischio dell’attività amministrativa deve restare a carico dell’apparato e quanto a carico del funzionario. 

Come peraltro affermato recentemente anche dalla Cassazione a Sezioni Unite (n. 2370 del 25.1.2023), “nel sistema costituzionale non vi è potere senza responsabilità”. Pertanto, il principio della fiducia, che si basa sul presupposto del riconoscimento di capacità e professionalità in capo al funzionario responsabile, non può conciliarsi con l’esclusone della responsabilità per colpa grave laddove, come noto, detta soglia minima di punibilità attiene, per costante giurisprudenza, ai casi quali l’“intensa negligenza”, la “sprezzante trascuratezza dei propri doveri”, l’“atteggiamento di grave disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni”, la “macroscopica violazione delle norme”, il “comportamento che denoti dispregio delle comuni regole di prudenza”.

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