Sollevata questione di costituzionalità della legge regionale che dispone incrementi del fondo decentrato

Corte dei Conti, Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, ordinanza n. 3 del 28 marzo 2024

Ad avviso del Collegio, solo con la dichiarazione di incostituzionalità della legge di spesa presupposta è possibile escludere gli emolumenti che trovano fondamento nella l.r. n. 1/2009 dal tetto 2016, e ritenere, conseguentemente, violato il principio di coordinamento di finanza pubblica fissato dall’art. 23, co. 2, del d. lgs. n. 75/2017, che prevede un limite al salario accessorio inderogabile a livello regionale. In assenza di una pronuncia sulla legittimità costituzionale di tali disposizioni il Collegio ritiene – diversamente da quanto affermato dalla Sezione territoriale – di non poter considerare illegittima la relativa spesa.

Al riguardo, occorre premettere che le disposizioni della legge regionale n. 1/2009 concernenti il trattamento economico accessorio del personale di supporto agli organi politici della Regione Toscana sono state, in parte, abrogate dall’art. 7 della legge regionale n. 2/2023 Ciò, come è stato detto, al fine di superare i dubbi di legittimità costituzionale manifestati dalla Sezione regionale di controllo nel precedente giudizio di parifica inerente al rendiconto 2021.

Successivamente, con l’entrata in vigore dell’art. 3, co. 1, d.l. n. 44/2023, il legislatore statale, confermando la propria competenza esclusiva in materia, ha ammesso la possibilità per le regioni di “applicare, senza aggravio di spesa, l’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo i principi di cui all’articolo 27 del medesimo decreto legislativo (…)”.

A seguito della novella normativa statale, la Regione Toscana, con la legge regionale n. 23/2023, ha disposto la “reviviscenza” (in questi termini si esprime la rubrica dell’art. 2) delle disposizioni dettate dalla legge regionale n. 1/2009, precedentemente abrogate dalla legge regionale n. 2/2023. Parimenti, con riferimento alle disposizioni oggetto di modifica, l’art. 3 della legge regionale n. 23/2023 ha disposto la “reviviscenza” delle disposizioni dettate dalla legge regionale n. 1/2009, nel testo antecedente alle modifiche introdotte dalla legge regionale n. 2/2023.

Ad avviso del Collegio, non osta ad una pronuncia di incostituzionalità sulle suddette disposizioni la circostanza che, medio tempore, esse siano state abrogate dalla legge regionale n. 2/2023, né tantomeno che esse siano tornate in vigore per effetto degli artt. 2 e 3 della legge regionale n. 23/2023. Come è noto, l’abrogazione segna il limite cronologico di efficacia della norma abrogata: non sembra revocabile in dubbio che le norme abrogate seguitino ad essere applicabili a situazioni e rapporti sorti durante il tempo in cui erano vigenti, e persino – talvolta – a situazioni e rapporti successivi (c.d. ultrattività, che può essere disposta dalla nuova norma). Con l’abrogazione la norma conserva la sua obbligatorietà per le situazioni di fatti anteriori alla data del verificarsi dell’effetto abrogativo, venendo ad esse sottratte per le situazioni successive.

Nel presente giudizio, ciò che rileva sono le disposizioni della legge regionale n. 1/2009, vigenti nel 2016, perché dalla loro legittimità costituzionale dipende l’inclusione nel tetto divisato dall’art. 23, co. 2, degli emolumenti erogati in base a tale titolo. In questo quadro normativo, permane la rilevanza della questione di legittimità costituzionale secondo gli insegnamenti del Giudice delle leggi, che ha costantemente affermato «la persistenza della rilevanza, anche nel caso in cui la norma sottoposta a scrutinio sia stata (…) sostituita da una successiva, in quanto, allorché un determinato atto amministrativo sia stato adottato sulla base di una norma poi abrogata (…), la legittimità dell’atto deve essere esaminata, in virtù del principio tempus regit actum , con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione» (sentenza n. 177 del 2012; nonché, tra le altre, sentenze nn. 321 del 2011, 209 del 2010, 391 del 2008 e 509 del 2000).

Alla luce delle argomentazioni che precedono, queste Sezioni riunite ritengono che le seguenti disposizioni della l.r. 1/2009 siano affette da illegittimità costituzionale: a) i commi 8, 9 e 10 dell’articolo 42

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