Danno erariale da revoca illegittima della concessione del bar: non chiedere il parere al servizio legale aggrava la colpa

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, sentenza n. 95 del 6 luglio 2023

Oggetto del giudizio è la responsabilità da danno indiretto all’Asl derivante dalla sentenza del TAR Veneto, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato, con la quale l’ASL è stata condannata al risarcimento del danno in favore di  X s.r.l. in liquidazione per l’illegittimo diniego di rinnovo (rectius revoca) del contratto di locazione (rectius concessione) dei locali ad uso bar siti all’interno della struttura ospedaliera.

Più correttamente inquadrato il rapporto intercorso tra l’ASL e la  X s.r.l. come concessione, il Giudice Amministrativo ha condannato l’ASL al risarcimento del danno avendo ritenuto illegittima la revoca (e, cioè, la disdetta del 5.11.2001) perché viziata da eccesso di potere per violazione dei doveri di imparzialità, buona amministrazione e, in particolare, del principio dell’affidamento, osservando inoltre che il comportamento dell’Amministrazione si è connotato per non correttezza “laddove viene motivata la disdetta (rectius revoca) con l’intenzione di destinare i locali “ad attività tendenti al conseguimento delle proprie finalità istituzionali” e poi nella realtà i locali vengono destinati al medesimo uso” e rinvenendo l’elemento della colpa non solo nelle indicate censure, ma anche nella “non linearità del comportamento dell’Amministrazione”.

La Corte dei Conti ha condannato i convenuti, il direttore denerale e il direttore amministrativo, sulla base delle seguenti considerazioni.

L’aver deciso di affidare in comodato gratuito i locali ad uso di bar alla cooperativa Y (e l’aver, poi, in concreto stipulato il contratto), infatti, o corrisponde ad una precisa e definita scelta di continuità della presenza del servizio di somministrazione di alimenti e bevande in favore degli utenti e del personale del plesso ospedaliero in un’ottica di programmazione (come risulta, peraltro, per tabulas essendo chiaramente circoscritto l’arco temporale del comodato alle more di effettuazione di gara ad evidenza pubblica) oppure deve ritenersi frutto di una decisione che, all’evidenza, non può certo essere ritenuta né programmatica né adeguatamente ponderata, ma, al contrario, assunta in maniera del tutto estemporanea e casuale . La sottostante condotta risulta censurabile.

La risoluzione del contratto con  X avrebbe dovuto essere perseguita con il ricorso a diverse disposizioni di legge e secondo l’utilizzo di corretti istituti processuali che avrebbero evitato il contenzioso e nel secondo, non sussistendo il presupposto della necessità di adibire gli immobili ad altro fine istituzionale, la disdetta e la contestuale assegnazione in comodato dei locali per il medesimo servizio rendono evidente un comportamento gravemente colposo, negligente e inescusabilmente superficiale per le conseguenze sulla successiva attività aziendale, anche considerando che di lì a poche settimane tanto il Direttore Generale quanto quello Amministrativo sarebbero cessati dall’incarico.

Eppure non vi è alcuna traccia del percorso di analisi e valutazione svolto, della verifica della sostenibilità dell’azione (e, cioè dell’effettività dei presupposti di legge per la disdetta, nonché della misura del margine di rischio connesso) e delle possibili conseguenze in caso di contestazione: la scelta, dunque, è stata assunta, in spregio dei canoni di razionalità economico-gestionale, con una inescusabile superficialità, ricorrendo alla facoltà di diniego del rinnovo automatico, peraltro legittima sol che ne fosse realmente esistito il presupposto (e, cioè, la decisione strategica, programmatica, di destinare ad altro utilizzo i locali per il soddisfacimento di esigenze aziendali).

Entrambi i convenuti sostengono di aver fatto affidamento sul supporto del Servizio Affari legali, lamentando anche la mancata evocazione in giudizio di altri soggetti, ed in particolare i funzionari responsabili dell’ufficio legale, per il ruolo da questi ultimi asseritamente assunto nel processo decisionale.

Al di là della circostanza che -come detto- nelle acquisizioni documentali istruttorie non vi è traccia di attività di approfondimento ed analisi svolte dal Servizio Affari legali, il ruolo del personale a quest’ultimo addetto, pure titolare di posizioni apicali e persino dirigenziali, emergente dall’esame della documentazione prodotta dall’Azienda, è assolutamente marginale, relegato alla redazione su dettatura di lettere e alle comunicazioni con i legali esterni incaricati, e totalmente sminuito rispetto alla professionalità in astratto richiesta dalla posizione, ponendosi i funzionari del Servizio non certo come interlocutori qualificati dei vertici aziendali, ma come meri esecutori materiali di compiti più vicini a quelli di una, seppur qualificata, segreteria di direzione che a quelli di soggetti apportanti una specifica professionalità e, quindi, un significativo contributo ai processi decisionali di competenza della massima dirigenza aziendale.

  Da questo punto di vista l’affermata incompetenza in materie giuridiche del Direttore Generale non può in alcun modo mutare la connotazione della colpa né, men che meno, escluderne la sussistenza: indipendentemente dalla specifica formazione professionale (in ambito medico) del convenuto DG, infatti, la valutazione di presupposti, effetti, conseguenze e rischi è propria di qualunque metodica decisionale (e, come detto, a maggior ragione quando il metodo è quello della programmazione per obiettivi) alla quale sono appunto funzionali le strutture di supporto dalle quali lo stesso Direttore può e deve assumere i necessari elementi di valutazione. Ma, si è visto, di ciò non vi è traccia alcuna

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