Consiglio di Stato, sentenza n. 2738 del 1 aprile 2025
La Provincia, pertanto, ha ritenuto che il contributo concesso all’odierna appellante, in quanto erogato nella misura dell’80% dell’investimento, rappresenti in parte qua un aiuto “illegale”, in quanto non autorizzato dalla Commissione europea e non conforme alle condizioni stabilite dal regolamento (UE) n. 651/2014. Il contributo liquidato alla signora X, pertanto, è stato parzialmente “revocato” per quella parte che supera l’entità massima del 65% dei costi ammissibili, l’appellante deduce che la competenza in ordine al recupero degli aiuti di Stato illegali spetterebbe unicamente alla Commissione europea.
Anche tale motivo è infondato.
Il Collegio deve anzitutto premettere che, nel caso di specie, risulta accertato che l’aiuto per cui è causa è, in parte qua, illegale trattandosi di un nuovo regime di aiuti attuato in violazione dell’art. 108, comma 3, TFUE che impone la previa notifica dei nuovi regimi di aiuti alla Commissione europea [sulla nozione di aiuto illegale, cfr. art. 1, lett. f), Reg. 1589/2015].
A fronte di un aiuto illegale, lo Stato membro ha l’obbligo di procedere al relativo recupero nei confronti dell’impresa, anche in assenza di un ordine di recupero della Commissione europea.
È pur vero che il Reg. n. 1589/2015 cit. delinea un procedimento (artt. 12 ss.) che può concludersi con l’adozione di una decisione con la quale la Commissione europea impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario («decisione di recupero», di cui all’art. 16). Tuttavia, la Corte di giustizia ha precisato che il divieto di messa ad esecuzione dei progetti di aiuto enunciato all’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE è provvisto di effetto diretto, e che l’immediata applicabilità di detto divieto si estende a qualsiasi aiuto che sia stato portato ad esecuzione senza essere notificato.
La Corte ne ha dedotto che spetta ai giudici nazionali e a tutte le autorità degli Stati membri “garantire che vengano tratte, conformemente al loro diritto nazionale, tutte le conseguenze di un’eventuale violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE, segnatamente per quanto riguarda sia la validità degli atti di esecuzione sia il recupero delle sovvenzioni finanziarie concesse in violazione della disposizione sopra citata, cosicché l’oggetto del loro compito è di adottare le misure idonee a rimediare all’illegittimità della messa ad esecuzione degli aiuti, affinché il beneficiario non conservi la libera disponibilità di questi ultimi per il tempo rimanente fino alla decisione della Commissione …
Orbene, qualsiasi disposizione del diritto dell’Unione che soddisfi i requisiti necessari per produrre un effetto diretto vincola tutte le autorità degli Stati membri, vale a dire non soltanto i giudici nazionali, ma anche tutti gli organi amministrativi, comprese le autorità decentrate, e tali autorità sono tenute a darvi applicazione … Infatti, secondo una costante giurisprudenza della Corte, sia le autorità amministrative, sia i giudici nazionali incaricati di applicare, nell’ambito delle loro rispettive competenze, le norme del diritto dell’Unione, hanno l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme … Ne consegue che un’autorità nazionale, ove constati che un aiuto da essa concesso in applicazione del regolamento n. 800/2008 non soddisfa le condizioni stabilite per beneficiare dell’esenzione prevista da tale regolamento, è tenuta, mutatis mutandis, a rispettare gli stessi obblighi che vengono richiamati al punto 89 della presente sentenza, tra cui quello di recuperare di propria iniziativa l’aiuto illegittimamente concesso” (Corte di giustizia, grande sezione, 5 marzo 2019, C-349/17, Eesti Pagar, punti 89-91)
Pertanto, come ribadito anche dalla sentenza della Corte di giustizia del 7 aprile 2022 cit., un’autorità nazionale, in presenza di un aiuto illegale, è tenuta a recuperare, anche di propria iniziativa e senza necessità che intervenga un ordine di recupero della Commissione europea, l’aiuto illegittimamente concesso.